La tutela dei diritti delle donne nella CEDU alla luce della giurisprudenza della Corte di Strasburgo

La tutela dei diritti delle donne nella CEDU alla luce della giurisprudenza della Corte di Strasburgo

Venerdì 30 ottobre 2020 si è tenuto il Convegno su I Primi 70 Anni della Convenzione Europea dei Diritti Umani, organizzato dal Dipartimento di Scienze Politiche della Sapienza Università di Roma con la collaborazione del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. L’incontro,  che si è tenuto in videoconferenza a causa delle restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria da Covid 19, ha rappresentato un importante momento di riflessione sulla giurisprudenza della Corte di Strasburgo e sull’evoluzione  del sistema europeo di tutela dei diritti umani, con particolare riferimento alle odierne sfide circa la protezione dei diritti delle donne.

Dopo i saluti istituzionali del Magnifico Rettore della Sapienza Università di Roma (Prof. Eugenio Gaudio), del Preside della Facoltà di Scienze Politiche, Sociologia, Comunicazione (Prof. Tito Marci), del Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche (Prof. Luca Scuccimarra) e della Vice Ministra degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (Marina Sereni), l’incontro si é articolato in due sessioni. La prima, presieduta dal Prof. Fausto Pocar, ha riguardato l’evoluzione della CEDU dal 1950 ad oggi con uno sguardo prospettico  alle prossime sfide legate alla tutela dei diritti fondamentali e ha visto confrontarsi i Proff. Sergio Marchisio, Beniamino Caravita, Carlo Curti Gialdino e Anton Giulio Lana. Il dibattito è stato di altissimo livello come del resto attestano il messaggio introduttivo del Presidente della Corte europea dei diritti umani (Prof. Robert Spano) e le conclusioni della Presidente Emerita della Corte Costituzionale (Prof.ssa Marta Cartabia).

La seconda sessione, sulla quale è incentrato il presente breve approfondimento, presieduta dal Prof. Claudio Zanghì, ha messo in evidenza il ruolo dei diritti delle donne nella Convenzione europea dei diritti umani e l’evoluzione della corrispondente giurisprudenza in materia. Il Prof. Zanghì ha ricordato che la CEDU non contiene esplicitamente articoli sulla tutela dei diritti delle donne. E’ invece menzionato, implicitamente all’articolo 8.1, il diritto al rispetto della vita privata e familiare :

Ogni persona ha diritto al rispetto della proprio vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza“.

Inoltre, l’articolo 12 sul diritto al matrimonio usa esplecitamente la parola “donna” :

A partire dall’età minima per contrarre matrimonio, l’uomo e la donna hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali che regolano l’esercivizio di tale diritto“.

In ogni caso, la Corte di Strasburgo ha avuto ed ha ancora oggi un ruolo determinante e significativo nella tutela dei diritti delle donne basandosi sul principio di non-discriminazione come previsto all’articolo 14 della CEDU :

Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita ad ogni altra condizione“.

Sono state anche ricordate la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna, adottata nel 1979 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ed entrata in vigore nel 1981, e la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, conosciuta anche come Convenzione di Istanbul, firmata nel 2011 ed entrata in vigore nel 2014. Queste convenzioni costituiscono degli strumenti di importanza fondamentale per i diritti delle donne ed hanno avuto profonde conseguenze sulla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, com’è stato sottolineato dagli autorevoli relatori che si sono succeduti durante la seconda sessione.

La Prof.ssa Angela di Stasi ha sottolineato che le violenze domestiche e di genere si sono aggravate durante l’attuale periodo di emergenza sanitaria a livello globale, in particolare per il lockdown. La Prof.ssa ha posto in rilievo che esiste oggi una pluralità di fonti normative per la tutela dei diritti delle donne, a livello internazionale, regionale e nazionale. Inoltre, la Prof.ssa ha evidenziato che la Corte di Strasburgo ha provveduto ad un’interpretatione estensiva della CEDU, basadosi sugli articoli 2 sul diritto alla vita e 3 sul divieto di tortura, in combinazione degli articoli 8 e 14. E’ stato ricordato, in particolare, che la CEDU non contiene previsioni sulla tutela delle violenze di genere o domestiche. In questo contesto, gli Stati parti alla CEDU  sono tenuti a proteggere attivamente le vittime di violenze domestiche, e in modo generale i soggetti più vulnerabili, e di predisporre un quadro normativo adeguato, efficace ed indipedente. Si tratta di una responsabilità del singolo Stato di tutelare effettivamente diritti essenziali ed inderogabili. La Prof.ssa ha richiamato la normativa italiana in materia,  ricordando che in assenza di misure effettive, lo Stato verrà tenuto responsabile.

A seguire, la Prof.ssa Lina Panella ha evidenziato che si fa sempre piu riferimento alla diversità di genere, piùttosto che ai diritti specifici delle donne, a livello nazionale e regionale. La CEDU non contiene specifiche norme sulla protezione delle donne, in particolare nel caso di maternità surrogata. Inoltre, richiamando diverse autorevoli sentenze della Corte (Marckx c. Belgio (ricorso n. 683/74) del 13 giugno 1979 sul diritto alla vita familiare; Costa e Pavan c. Italia (ricorso n. 54279/10) del 28 agosto 2012 sulla procreazione medicalmente assistita; Parrillo c. Italia (ricorso n. 46470/11) del 28 maggio 2013 sullo status dell’embrione; Cusan e Fazzo c. Italia (ricorso n. 77/07) del 7 gennaio 2014 sulla trasmissione del cognome paterno ai figli e la conseguente discriminazione nei confronti della madre), la Prof.ssa ha sottolineato che la stessa Corte applica gli articoli 8 e 12 mettendo in risalto in primis la diversità di genere e la tutela della donna. La Corte conferma il ruolo centrale della donna e la necessità di tutelare i suoi diritti, ma la giurisprudenza in tal senso non ha uno sviluppo lineare perché si tratta di argomenti eticamente parlando molto delicati e sensibili. La sfida consiste anche nel trovare un giusto equilibrio tra la salvaguardia dei diritti della donna, il diritto alla vita, il diritto al rispetto della vita privata e familiare  ed il principio di non-discriminazione.

Infine, la necessità di un bilanciamento tra i diversi diritti e le differenti categorie di persone vulnerabili è stato messa in risalto dal Prof. Pietro Pustorino che ha  evidenziato la necessità di un coordinamento ed un allineamento tra le differenti giuridizioni nazionali e la Corte di Strasburgo. Da questo punto di vista, un rapporto di osmosi tra giurisdizioni rafforza le previsioni della CEDU e la stessa posizione della Corte di Strasburgo. Ad esempio, sarebbe opportuno, come del resto dimostra una recentissima giurisprudenza (vedi l’ordinanza n. 8325 del 29 aprile 2020 con cui la Corte di Cassazione ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione del riconoscimento in Italia del provvedimento straniero relativo allo stato di un minore nato all’estero da maternità surrogata), valorizzare nel sistema italiano – malgrado l’Italia non abbia ancora ratificato il Protocollo 16 della CEDU – i pareri consultivi che la Corte può emettere in merito a questioni di principio sull’interpretazione o sull’applicazione di una norma convenzionale (vedi, in materia di maternità surrogata, il parere del 10 aprile 2019 della Grand Chambre della Corte EDU). Infatti, questo dialogo tra le Corti è di straordinaria importanza per affrontare in maniera adeguata  le nuove sfide poste dallo sviluppo della tecnica e della scienza nel campo della tutela dei diritti fondamentali.

Nelle conclusioni, il Prof. Zanghì ha sottolineato che settant’anni sono passati dalla firma della Convenzione europea sui diritti umani – la CEDU e la Corte di Strasburgo sono relativamente ‘giovani’ – ed i benefici della giurisprudenza della Corte sui piani normativi interni si manifesteranno ancora senza soluzione di continuità  sulla base dell’applicazione del  fondamentale principio di non-discriminazione. La giurisprudenza della Corte si é evoluta negli ultimi 70 anni, conseguentemente  allo sviluppo del mutato contesto sociale in Europa ed ha permesso di trasformare gradualmente i diversi sistemi normativi nazionali, proteggendo ed ampliando sempre più i diritti delle donne. Negli anni ‘50 discutere dei diritti delle donne non era all’ordine del giorno, ma la nostra società si é evoluta. Le prossime sfide riguarderanno la definizione di un equilibrio tra il diritto alla vita, il diritto alla famiglia e una maggiore tutela dei diritti dei minori e delle donne, ricordandosi sempre che una loro adeguata protezione si basa innanzitutto su un approccio preventivo e non sulla mera repressione delle violazioni.

 

Anne-Sophie Martin

Assegnista di Ricerca in Diritto internazionale

Tutor nel Corso di Alta Formazione

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